Quel treno per Yuma
Anche nel contesto del western, il cinema di James Mangold continua a essere una fucina di storie e di illusioni, e una questione di rapporti tra padri e figli.
«Mi piacerebbe rimanere a casa. Ma tra sei mesi sarà tutto verde, le vacche ingrasseranno e un giorno vedremo il fumo del treno al di là della collina e ce l'avremo fatta».
È il 2007 e a riportare il genere western al cinema ci pensano Non è un paese per vecchi, L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford e Quel treno per Yuma. I primi due vengono incensati dalla critica e fruttano molteplici premi ai loro realizzatori; al terzo titolo, invece, non resta altro da fare che affidarsi alla galanteria di un tempo che, nell'ambito della filmografia di James Mangold, lo avrebbe trasformato in una pietra miliare. Più che nei film dei Fratelli Coen e di Andrew Dominik, è in Quel treno per Yuma che la nuova epopea western sembra essere in costruzione.
Il leggendario e spietato fuorilegge Ben Wade e la sua banda hanno appena derubato la diligenza che trasportava il libro paga della Southern Pacific Railroads. Dopo la rapina, Wade si separa dal gruppo e si sposta verso Bilbee, per incontrare una donna nel saloon della città. Dan Evans, invece, è un contadino in gravi difficoltà economiche. Ha una moglie e due figli ed è in viaggio verso Bilbee per chiarire alcune questioni relative alla sua terra, che le istituzioni gli vogliono espropriare per favorire l'avvento della ferrovia. Le vite di Wade ed Evans si incroceranno proprio nell'assolata cittadina.
L'assedio cui andranno incontro la diligenza guidata da Wade e le forze del male che gli si metteranno contro si svolge tutto tra le travi di legno e i pilastri appena abbozzati di una città che sta per essere costruita. Lungo tutta la pellicola, i personaggi non fanno altro che scontrarsi con villaggi sperduti, radure e accampamenti di minatori dall'aspetto fatiscente e che provano in tutti i modi ad entrare a far parte del campo visivo di Ben Wade, assoluto fulcro dello sguardo del film. Perché il personaggio incarnato da Russell Crowe è un oggetto desueto, un motore di racconti e di narrazioni che non può appartenere alla nostra contemporaneità e che, in quanto tale, si lega in maniera indissolubile alla forza mitopoietica e iconografica di un cinema senza tempo come quello di James Mangold.
La trasparenza del decoupage classico è al totale servizio di quest'epopea dal taglio intimistico in cui, attraverso il lungo viaggio notturno tra le gole e le insidie dei canyon, assume sempre più importanza il rapporto tra i tre uomini coinvolti, Ben, Dan e suo figlio - due adulti e un ragazzo- a loro modo (super)eroi e apprendista che non possono integrarsi fino in fondo in questo mondo perché troppo puri e autentici, incontaminati come una narrazione che non è ancora stata intaccata dall'oralità. Ognuno di loro porta nel cuore un'illusione ed è emblema di un atto di resistenza classica alle derive di un'immagine filmica priva di referente (non è un caso che il vero villain del film sia un personaggio dallo sguardo robotico e senza passato). Attraverso il suo gesto eroico, Dan vorrebbe garantire un futuro alla sua famiglia e, più di ogni altra cosa, ottenere la redenzione agli occhi del figlio; il ragazzo è pericolosamente invaghito dalla figura leggendaria di Ben Wade e dalla mitologia di cui è ammantato ogni suo movimento; infine, il fuorilegge romantico ha relegato sé stesso negli angoli più estremi e remoti, trasformandosi in un mero nome privo di corpo.
Tesissimo e crepuscolare ma anche impassibile e speranzoso, Quel treno per Yuma vive nei silenzi dei suoi personaggi e nei punti di fuga di ogni sguardo. Fino allo slancio emotivo dell'assedio finale sospeso tra il sacrificio e la vittoria. Mai come in questo caso, il concetto di classico non indica il rifiuto luddista di una modernità destinata a venire quanto un perfetto bilanciamento tra pienezza e leggerezza e una totale fede nei confronti di storie e uomini, che possono essere sconfitti e perire ma che resteranno per sempre scolpiti nei cuori di noi spettatori, incantati davanti alla purezza di questo genere di personaggi.