Le regole del caos
Il film di Alan Rickman ricostruisce in maniera troppo schematica la storia di una donna ribelle e creativa al tempo del Re Sole
Al tempo della creazione di Versailles, l’insigne palazzo che Luigi XIV fece costruire sopratutto al fine di riunire tutta la corte francese in un solo luogo da tenere sotto controllo, i migliori architetti, giardinieri e decoratori venivano assoldati dal re per progettare una reggia la cui magnificenza dei suoi interni e lo splendore dei giardini dessero l’impressione di vivere in un mondo a parte. Le regole del caos parte da questa regale ricerca degli artisti francesi più talentuosi del periodo, concentrandosi su una protagonista che ricalca a tal punto l’archetipo della donna “contro” da sembrare perfino artificiosa: Sabine de Barra (Kate Winslet), vedova, di umili origini, capace però di vivere in modo autosufficiente come paesaggista, ovvero modificando ad hoc l’ambiente naturale. L’architetto del re André Le Notre (Matthias Schoenaerts) cerca un collaboratore per l’ambizioso piano di creare una sala da ballo all’aperto nei giardini della reggia – fondata su un terreno originariamente paludoso e ostico – e dopo alcune resistenze lo trova proprio nella figura eccentrica di Sabine, la quale, non bastasse il fatto di essere donna, sola e autonoma, aggiunge alle proprie particolarità la caratteristica di un approccio anticonformista alla progettazione, prediligendo l’inserimento di elementi inaspettati che rompono l’ armonia schematica e un po’ prevedibile dei giardini fino ad allora costruiti.
Si intuisce l’intento di Alan Rickman - che oltre a interpretare il Re è qui al suo secondo film come regista - di penetrare nel mondo artefatto e splendente della corte francese del XVII secolo inserendovi il personaggio fuori dagli schemi di Sabine, quale sguardo disincantato sulla rigida e abbagliante piccola società che il Re Sole aveva allestito intorno alla propria persona. Il Re e suo fratello Philippe ( Stanley Tucci), sono, benché magnificamente vestiti e acconciati, dei vecchi rugosi che cercano di cancellare l’età con lo stile e un tono regale, laddove invece Sabine non si cura di nascondere le proprie rughe, i capelli scompigliati dal continuo lavoro manuale e un atteggiamento complessivamente gentile ma schietto nei confronti degli altri. Forse convinto che questo potesse non bastare a dare carattere alla protagonista, Rickman le attribuisce poi un dramma affettivo che continua a tormentarla con rapidi bagliori di ricordi, spingendola ad avvicinarsi a Le Notre, anch’egli soggiogato da una profonda solitudine interiore.
Il talento di Kate Winslet permette a un ruolo, sulla carta paradossalmente così sincero da sembrare innaturale, di esprimere una reale autenticità, ma pur sempre incastrato in una struttura narrativa che costringe i personaggi a recitare quella che alla fine si rivela perlopiù una pantomima, gradevole quanto inefficace. Alcune scene – come la commovente riunione segreta delle dame per ricordare i figli morti, evento altrimenti poco affascinante da trattare a corte – segnalano una direzione più interessante verso la quale Rickman avrebbe potuto rivolgersi senza venir meno alla piacevolezza del racconto, così insistentemente ricercata; Le regole del caos finisce invece per venir meno al modello di originalità propugnato dalla propria protagonista, per arenarsi in un terreno molto più convenzionale.