La fortuna di un film come No Man’s Land – una storia incredibile, simbolica, tragica e comica, importante per capire l’assurdità della guerra dei Balcani attraverso chi vi ci era capitato sopra, proprio come il soldato sulla mina – dice molto della istintività di un autore come Danis Tanovi?. È lui, con Bellocchio, il “protagonista del cinema europeo” omaggiato quest’anno dal festival con una retrospettiva dei cinque film finora realizzati (dall’esordio Premio Oscar per il miglior film straniero nel 2002, ai successivi L’enfer del 2005, Triage del 2009, Cirkus Columbia del 2010 e An Episode In the Life of an Iron Picker dello scorso anno).
Nella conversazione pubblica con Piera Detassis il regista bosniaco ha aperto le porte della sua idea di cinema. Innamorato di quello italiano (da C’era una volta il West a Ladri di biciclette), pronto a scovarlo in giro per il mondo (ha appena concluso in India le riprese del suo nuovo film White Lies che potrebbe essere presentato a Venezia ed è sempre pronto a partire perché “è la storia che determina la necessità di viaggiare e visitare altre nazioni, l’importante è che ce ne sia una ragione”), ha una salda certezza: “Farò cinema tutta la vita”. Spesso le sue sono state esplorazioni in Slovenia, in Francia, in Spagna a determinare la scelta di fare film, insieme al suo sentirsi ancorato a un presente conflittuale che non ha esitato a trasfigurare, a rendere apologo personale e coraggioso. “Se avete una storia da raccontare, ne sentite la necessità, allora dovete farla, dovete trovare un modo” ne è convinto, non ha esitato a impegnarsi in politica, è stato anche deputato. Il suo Paese, la Bosnia è la ragione per cui si sente di combattere una battaglia. “La Bosnia è soprattutto conosciuta per le guerre e per qualche film, investiamo nei film” è il monito che rivolge alla sua nazione. La battaglia culturale lo infervora, dice che i politici in patria stanno ammazzando il cinema, la cultura che, invece “è quello che costruisce il senso e la bellezza di una nazione” . E conclude: “Occorre ridare fiducia agli intellettuali così come accadeva qualche anno fa, bisogna mettere una marcia indietro e rinascere”.