Sono Blind Dates e September i titoli che chiudono il concorso europeo. Il primo è firmato da Levan Koguashvili, regista di Tbilisi nato nel 1973, un passato da giornalista e studi di cinema nella sua città, a Mosca e a New York, già autore nel 2010 di Street Days, opera indicativa, secondo alcuni, di un un nuovo corso del cinema georgiano. In Blind Dates il protagonista è Sandro, insegnante quarantenne della capitale, che vive ancora con i genitori, sempre lì a ricordargli che è giunto il momento di sposarsi e mettere su famiglia. Ma quello con l’amore sembra un appuntamento sempre rimandato, fino a quando non incontra Manana, una parrucchiera di cui si innamora subito, forse ricambiato. Si ritroverà poi a fare da autista part-time per un giorno al marito della donna, appena uscito di prigione, cercando il momento giusto per dirgli come stanno le cose. In una storia che riesce a contenere tenerezza, commedia e anche una certa malinconia, Koguashvili tenta di tracciare un ritratto della sua gente in un film efficamente costruito sui tempi, sui personaggi, sulle linee di racconto centrali e su quelle laterali che diventano un insieme abbastanzo compatto. Il regista riesce a lavorare bene anche sulle immagini, senza la pretesa di doverlo dimostrare. Realizzando un film più che dignitoso.
Convince molto poco, invece, il film della greca Penny Panayotopoulou, presente a Locarno anni fa con il suo lungometraggio di debutto Hard Goodbyes: My Father, dopo aver iniziato con la regia di corti a partire dagli anni Ottanta. September, spiega l’autrice, è un film “sull’educazione sentimentale di Anna. L’obiettivo è sempre la gioia di vivere. E la vita sgorga da ogni piccola cosa, da ogni piccolo angolo”. Anna ha 32 anni, non ha nessuno, se non il suo amatissimo cane, Manu. Ma l’animale all’improvviso muore e il mondo già fragile della donna crolla. Trova nei suoi vicina di casa, marito e moglie con due bambini, un attracco alla vita. Sofia e i suoi figli si affezionano subito a lei e iniziano a passare del tempo insieme, mentre l’uomo, continua a guardarla con diffidenza. Dopo una serie di eventi, Anna si ritroverà rifiutata, di nuovo sola. Sceglierà il mare e lì avverrà un piccolo “miracolo”. Oltre questo, purtroppo, non c’è molto altro, September si esaurisce presto, in una storia che sembra semplicemente passare davanti agli occhi. C’è forse “la vita” di cui parla la Panayotopoulou, ma non si sente, non diventa un film. Non si sente il personaggio di Anna. Non si sentono le sue emozioni, non ci sono le nostre.