Hellboy

di Neil Marshall

Bel lontano dalla versione di del Toro, l'Hellboy di Neil Marshall è un adattamento heavy metal di puro divertimento splatter, tra incoscienza sopra le righe e mostruosità prostetiche grondanti sangue.

hellboy - recensione film neil marshall

Time to meet the devil, again. A quindici anni dal primo adattamento di Guillermo del Toro, il diavolo rosso di Mike Mignola torna sul grande schermo, e lo fa con un reboot che sta ricevendo schiaffi da tutte le parti: critica, pubblico, aggregatori online, l’Hellboy di Neil Marshall sembrerebbe un’operazione nata male e finita peggio, già sconfitta e dimenticata, eclissata per di più dall’imminente uscita di Avengers Endgame. Il giudizio pare unanime, e schiaccia il film con l’accusa di essere un giocattolone splatter dagli effetti digitali scadenti e l’umorismo sopra le righe, violenza efferata e trama essenziale. Tutto vero, verissimo, e proprio per questo il nuovo Hellboy ci sembra un film da difendere e di cui godere, mani artigliate a un secchio di popcorn, occhi spalancati per l’ennesima bordata di sangue, orecchie catturate dalla doppia cassa metal della colonna sonora: è la serie b bellezza, un adattamento rozzo e sgarbato che irrompe sulla scena del cinecomic come un ospite imbucato e inatteso al ballo del liceo, già ubriaco e molesto, pronto a tirare testate e sbeffeggiare tutti gli invitati vestiti a puntino.

Nel 2008 usciva The Golden Army, il secondo capitolo firmato da del Toro e probabilmente tra i migliori cinecomic di sempre. Nel film il regista messicano riusciva a sfruttare al meglio l’incontro delle sue grandi ossessioni, la passione gotica per il freak e il mondo sotterraneo da una parte e la riflessione umanista sul rapporto tra il mostruoso e la norma dall’altra. Il suo Hellboy è un eroe malinconico e ombroso, tormentato da una doppia natura umano-demoniaca che ciclicamente lo porta a interrogarsi sul proprio ruolo nel mondo e sul concetto stesso di umanità. Nelle mani di Neil Marshall – inizio cinematografico più che promettente con Dog Soldiers e The Descent, prima di smarrirsi e ritornare a colpire solo con pochi, fenomenali, episodi tv di Game of Thrones – il fumetto di Mignola diventa la base per un’operazione radicalmente opposta, che conserva quel tanto di dimensione psicologica necessaria a inquadrare il dilemma del personaggio ma non indugia in crisi e tormenti interiori.

Incarnato a dovere da David Harbour, già sceriffo di Stranger Things, l’Hellboy di Marshall si basa sugli aspetti più irriverenti e stilizzati della saga, che vengono spinti al massimo livello; dimenticate le atmosfere gotiche e lovecraftiane delle prime avventure cartacee, l’inquietudine di un eroe in cerca del suo posto nel mondo, questo è il momento di combattimenti splatter e ritmo heavy metal, spiriti vomitati e demoni giganti, mostruosità disarticolate e streghe cadaveriche. Entriamo in sala temendo l’ennesimo cinecomic squadra e righello, dramma interiore o umorismo ammiccante, e invece Hellboy fa piazza pulita di tutti questi modelli precotti con una spazzata del suo arto gigante, disinteressato a narrazioni di (preteso) alto livello e pronto anzi a sporcarsi le mani con l’eccesso, il gore, l’adrenalina della violenza grafica e stilizzata. Tutto nel film appare sopra le righe, dalla carichissima color correction alla recitazione enfatizzata, dallo svolazzare di frattaglie e materia grigia alla mitragliata di battute bad ass strappate alla serie z degli anni ’80, ma in un cinema blockbuster sempre più plastificato e attento al compitino è una gioia trovare un tale livello di libertà e incoscienza, di divertimento del fare che diventa gioia del vedere. Lasciate perdere aggregatori e incassi deludenti, il film diverrà un piccolo cult.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 19/04/2019
USA 2019
Regia: Neil Marshall
Durata: 120 minuti

Articoli correlati

Ultimi della categoria