Ryūsuke Hamaguchi è un giovane regista giapponese di cui, probabilmente, sentiremo molto parlare. Drive my Car (distribuito in Italia da Tucker Film) è l’opera che lo ha portato alla ribalta internazionale, e l’attenzione della critica è meritata. Pochi autori contemporanei hanno saputo mettere in scena un’opera così elegante e complessa: un dramma sull’amore e sul lutto sospeso sopra una rete di suggestioni teatrali e linguistiche che, a dispetto di tutto, mantiene una miracolosa semplicità e chiarezza di intenti, a metà tra il classicismo cinematografico hollywoodiano e quello giapponese.
Prima di Drive my Car, Hamaguchi si era già fatto notare con il precedente Asako I & II, in concorso a Cannes 2018 e recentemente inserito in programmazione sulla piattaforma di MUBI. L’occasione è ottima: nonostante si tratti di un film con ambizioni più ridotte, Asako I & II è un melodramma solido e dallo sguardo attento, consapevolmente cinefilo e già coinvolto nelle tematiche emergenti della filmografia del regista.
Hamaguchi mette in scena la storia di una ragazza che vive due amori specchiati e opposti tra loro. Il primo è un vero e proprio colpo di fulmine, una passione che sa di giovinezza e di innocenza tra la protagonista e Baku, un ragazzo affascinante quanto sfuggente con qualche eco di James Dean, che la abbandonerà senza dare spiegazioni dopo pochi mesi. Alcuni anni dopo, Asako vivrà un’altra storia d’amore con un uomo completamente diverso, se non nell’aspetto: Ryohei è un lavoratore in una grossa impresa di Tokyo, con la testa sulle spalle e un’indole gentile. La giovane donna, ancora immersa nel trauma di un amore mai risolto, non sa come interpretare la perturbante somiglianza tra Baku e Ryohei ma i due finiscono, prevedibilmente, per innamorarsi. Per alcuni anni, la coppia vive la propria felicità e arriva al punto di progettare il matrimonio, ma il ritorno di Baku spariglia le carte e distrugge, in un attimo, tutto ciò che i due hanno costruito insieme.
Asako I & II è un oggetto curioso, una sorta di Vertigo al contrario - e il ribaltamento di prospettiva è tutt'altro che banale o privo di conseguenza. L'altra, ovvia differenza è che qui la dimensione romantica prende il sopravvento sul mistero. Si tratta, comunque, di un film sulle illusioni e su un Doppio perturbante a cui la protagonista non sa come rispondere: ciò che la coppia costruisce e dice di se stessa non sopravvive alla riemersione della realtà, alla tempesta interiore di un rimosso amoroso mai risolto. Ma Hamaguchi non vuole mettere in scena la psicanalisi di un amore o esaminarne la dissoluzione sotto la lente della macchina da presa.: Il ritorno di fiamma tra Baku e Asako si rivela essere un fuoco immaginario che non sopravvive al principio di realtà. Piuttosto, il regista vuole mettere in scena il silenzio che abita la coppia, la cecità dello sguardo e del suo desiderio tra Asako e Ryohei, Loro, come noi, sono contraddizioni viventi, creature incomplete e miopi che possono, almeno in teoria, trovare un nuovo equilibrio, ma solo attraverso il lavoro quotidiano della ragione e del cuore.
Dunque, un film di silenzi, punti ciechi, scelte improvvise, pulsioni. Asako I & II, così come Drive My Car, vuole raccontare il cono d’ombra delle storie d’amore: l’abbandono di Asako è un lutto che si fa ostinata illusione, così come la morte della compagna del protagonista di Drive My Car è un dolore afono a cui si sopravvive, di nuovo, con il silenzio e l'insistenza della vita che procede nonostante tutto. E così via, fino a trovare la forza per tornare alla luce e ricominciare a credere nelle storie e nelle immagini. Come lo zio Vania di Čechov l’opera teatrale attorno a cui è costruita la storia di quest’ultimo film, i personaggi di Hamaguchi sembrano dirsi “E noi vivremo”. Nonostante tutto. Senza una facile risoluzione finale e lasciando aperta la porta oltre il limite delle parole e dei titoli di coda.