A volte, nonostante la devastazione e le macerie, si crea una sinergia cui è difficile resistere. A Belfast, durante il triste decennio ’60/’70, quando la guerra “santa” tra cattolici e protestanti, la depressione sociale, le bombe e la repressione economica ne corrodevano lo spirito, qualcuno coltivava sogni di gloria all’ombra di un movimento che voleva deridere ogni credo. Questa la scena che si prepara intorno e dentro il Good Vibrations, il piccolo negozio di dischi di Terri Hooley, un uomo idealista e utopico, che è riuscito a fare della sua carriera un vero e proprio stile di vita. Preferendo la banca rotta al commercio dell’anima, Terri e i suoi sopravvivono di musica e goliardia. Perché la musica abbatte ogni barriera, dalle questioni di politica a quelle religiose per finire con gli affari di cuore.
Presentato con grande successo di critica al 30° Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile, Good Vibrations riesce davvero a far vibrare ogni corda emozionale. Diretto a due mani dagli stessi autori di Cherrybomb, Lisa Barros D’sa e Glenn Leyburn, questo delizioso inno al rock’n’roll che scorre nelle vene riesce a trasmettere lo spirito di un’epoca con ironia, passione e leggerezza. Lontani da ogni discorso di partito o fede, un pugno di uomini con l’unico credo nella musica e nelle loro capacità si armano di controtendenza e di note, pronti a battere sui propri strumenti un dissenso che non si vuole reprimere, evitando le responsabilità della una vita matura per continuare a lottare sotto la bandiera dei propri impulsi. Per questo gli emergenti Outcast e Undertones non firmarono mai nessun contratto con alte case discografiche, non registrarono mai dischi con etichette di fama mondiale e non si arresero mai al dio denaro. Ognuno di loro restò puro nella propria essenza originale, perché solo il “rumore” dava libero sfogo alla forza interiore, oltrepassando gli stretti confini cui costringeva lo squallore circostante. Nonostante gli alti e bassi di una carriera condotta perennemente sull’orlo di un precipizio, oscillate ad ogni scossone, pericolosamente vicina alla soglia del fallimento, il Good Vibrations aprì le porte a chi volle essere eroico al di là della malinconia. E ci riuscì maledettamente bene. Con l’uso di un’immagine sgranata che restituisce il ricordo di un’intera epoca, footage e finzione si mescolano a raccontare la storia di un’icona, scorrendo tra canzoni e guerre civili, tra bersagli facili e ammonimenti, divisioni mentali e disordini sociali.
Ci sono storie che vanno raccontate, e così è stato per Terri Holley, l’uomo che fu punto di riferimento per il punk nell’Irlanda del Nord e che colorò di speranza i cuori di molti giovani destinati ad una vita grama. Il suo occhio di vetro continuò sempre a segnare una visione sul mondo che non conosceva l’abbattimento per possibili sconfitte, affrontate come eventi naturali con cui ci si trova a collidere inevitabilmente. ”Perché a New York hanno i tagli di capelli, a Londra hanno i pantaloni, ma a Belfast hanno le motivazioni”.