Laurence Anyways e il desiderio di una donna
Dietro la prova muscolare di ogni movimento di macchina, si nasconde l’eterno conflitto che appartiene a tutti coloro che interrogano davvero l’immagine amorosa.
Laurence, tu as franchi la frontière de ma vie, de ma ville, de ma rue.
Il ne reste plus que ma porte. Dois-je te rappeller mon addresse?
Fred.
Con un’ellissi temporale di ben quattro anni riemerge dal fuori campo (della distribuzione italiana) il titolo più celebre di Xavier Dolan, Laurence Anyways. Sorte paradossale per un’opera che proprio sugli slittamenti temporali costruisce un fluviale melodramma che ha per oggetto l’amore impossibile eppure ostinato di due amanti divisi dalle scelte e dall’identità. Il turning point è risaputo. Nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno, Laurence confessa alla compagna di sentirsi donna e dunque di voler cambiare identità sessuale, almeno nelle apparenze, senza per questo rinunciare al loro rapporto. Seguono incomprensioni e riavvicinamenti, sacrifici dolorosi e rinunce inevitabili, parole urlate, sussurrate, trattenute, negate. Poi il momento dell’addio, che non è mai davvero tale. Come nella migliore tradizione del genere, quel legame continua a sopravvivere all’esilio dei corpi, stipato nella memoria, conservato e rielaborato dal testo (poetico), per tornare in più occasioni, come un appuntamento con il destino, ogni volta più necessario, ogni volta più straziante. Perché chiamato a misurarsi con il peso di una scelta apparentemente inconciliabile che interroga i confini del desiderio. Nuovi amori prendono il posto dei precedenti. Nuove liste sostituiscono le vecchie. Il tempo del ricordo tiene in ostaggio il presente, fino a quando il vento dell’ennesimo autunno non porta via con sé le ultime residue illusioni. Nero. Il nastro si riavvolge. Torna al momento del primo incontro. Laurence Anyways, in ogni caso. (Per sempre?).
Al di là della questione di genere, senza dubbio l’aspetto più eccentrico del film ma tutto sommato secondario, resta il nucleo traumatico di un amore irrisolto, che è poi la matrice di gran parte del cinema romantico. L’idea di un legame che resiste nonostante tutto ma che, per varie ragioni, non può più essere vissuto. Tant’è che tra i due personaggi quello più interessante risulta senza dubbio Fred, colei che subisce la decisione dell’altro e prova in tutti i modi a restare aggrappata ad un’idea di “normalità”. Da donna innamorata cerca nuovi equilibri. Oppone alla ferita del "tradimento", l’ostinazione dell’amore. Alla sofferenza del cambiamento, l’ipotesi di una nuova possibilità. Laurence, dal canto suo, appare paradossalmente più pacificato in virtù di un passaggio non più rinviabile e certamente coerente con l’immagine di sé. Questo slittamento dei punti di vista, da un lato tradisce le premesse, appiattendo il dramma identitario, dall’altro rappresenta un’interessante variazione sul tema enunciato poco sopra, quasi il film volesse essere diverso rispetto alla tradizione, ma in fondo uguale. Uguale eppure diverso. Questo dissidio lo si ritrova nella messa in scena barocca e a tratti eccessiva, che accumula soluzioni stravaganti, alternando slanci immaginativi, giochi cromatici, sospensioni liriche, movimenti musicali, diremmo “videoclippari”. Si cerca con ricorrenza l’immagine “giusta”, il momento perfetto, il gesto più efficace. Come fosse un animale intrappolato nella gabbia delle sue ossessioni, Dolan non ci/si concede un attimo di tregua. Lotta, al pari dei suoi personaggi, nella messa a fuoco dei sentimenti, attraverso un découpage emozionale che vorrebbe trasformare ogni inquadratura in uno schiaffo, un bacio, una ferita o una carezza. Il tutto appare eccessivo, anche se in misura minore rispetto ad alcune prove successive, in particolare Mommy. L’innegabile narcisismo registico, frutto tanto di generosità quanto di consapevolezza tecnica, trova nell’espressione dei sentimenti in gioco una via alternativa e forse non più percorribile. Il principale valore del film risiede paradossalmente nella sconfitta della sua idea di cinema “totale”, che vorrebbe dire e mostrare qualsiasi cosa, anche ciò che non si può capire e non si può filmare. Laurence Anyways è un’opera forte solo nell’apparenza delle superfici, nella sicurezza dei propri mezzi. Dietro la prova muscolare di ogni movimento di macchina, si nasconde l’eterno conflitto che appartiene a tutti coloro che interrogano davvero l’immagine amorosa. E che alla fine falliscono nel rincorrerla.