Robin Hood-L'origine della leggenda
Il risciacquo nella contemporaneità fa male al personaggio di Robin Hood. Il romanticismo della leggenda popolare muore sotto i colpi del montaggio intensivo e di scelte stilistiche al limite del kitsch.
Dimenticate il romanticismo di Sean Connery e Kevin Costner; dimenticate l'allegra volpe dotata di una furbizia fuori dal comune; dimenticate persino la narrazione delle origini del Robin Hood interpretato da un imbolsito Russell Crowe. L'ultimo adattamento dedicato all'eroe popolare del Regno Unito è rivolto ad un target totalmente differente e la presenza di Taron Egerton e Jamie Dornan tra gli interpreti, e di Otto Bathurst in cabina di regia, la dicono lunga sul pubblico sulla base del quale è modellato Robin Hood - L'origine della leggenda.
Tutto ha inizio all'interno di una stalla. Lady Marian entra da una finestra per rubare un cavallo ma viene scoperta da Robin di Loxley. Lei è truccata pesantemente e ha una scollatura accentuata. Lui è un guerriero tutto d'un pezzo chiamato a servire nella terza crociata in Terra Santa. I due si promettono amore eterno ma, al momento, devono lasciarsi. La location si sposta e mostra Robin insieme ai suoi commilitoni in una città in rovina, nel bel mezzo del fuoco nemico. In questa operazione, si imbatte in un abile arciere da cui riesce a sfuggire per un soffio. Le basi per la futura collaborazione tra Robin e Little John sono state poste. Spedito a casa per diserzione, il ragazzo trova una Loxley in rovina e scopre di essere stato dato per morto da circa due anni. La sua amata Marian vive con un nuovo compagno e lo Sceriffo di Nottingham ha messo alle strette il popolo che è giunto, ormai, sull'orlo della disperazione.
La leggenda che ha alimentato tutta la letteratura e la filmografia sul fuorilegge più famoso di Inghilterra è stata usata come un canovaccio su cui innestare nuove intuizioni narrative e visive. In modo assai simile al trattamento riservato a Lisbeth Salander nel recente adattamento firmato da Fede Alvarez, anche il Robin Hood di Otto Bathurst risente dell'influsso massiccio dei film sui supereroi. Tra esplosioni sullo sfondo, ripetute slow motion e messa in scena decisamente tronfia, il film sembra appartenere più alla saga di Fast and Furious o degli Avengers che ad una leggenda ben radicata nell'immaginario popolare. È questa forzata attualizzazione a-storica che non convince e lascia lo spettatore disorientato. L'estetica steampunk e gli effetti ottici in stile Matrix cozzano fortemente con un materiale che, viste le sue origini, avrebbe dovuto ricevere un trattamento differente. Privare di “nobiltà” un racconto come quello di Robin Hood per darlo in pasto ad una platea di giovanissimi mangiatori di pop-corn che smanettano con lo smartphone durante la visione non è stata una mossa particolarmente brillante.
In questo ambaradan fumettistico, ad uscire sconfitti sono proprio i personaggi, sviluppati come immobili macchiette vittime di un contesto da videogame che non sembra avere tempo per loro. I cavalli corrono, le carrozze si trasformano in macchine rombanti ed il tempo va alla velocità della luce. Peccato che la conseguenza sia la totale assenza di evoluzione per Robin e soci e la confusione in ogni coreografia di massa. Piuttosto che donare un personaggio alla leggenda, una scelta del genere gli riserva soltanto il baratro dell'oblio.