Il secondo film di Sean Byrne è un horror dal retrogusto vintage, in cui il sovrannaturale e l’heavy metal tornano a dialogare intensamente per raccontare una storia di ordinaria follia.
Uno degli esempi più riusciti della (parziale) riscossa della messa in scena “classica” nel cinema horror contemporaneo, dopo gli anni egemonizzati dal “virus” della Strega di Blair
Un’opera classica nella cornice ma moderna nella sostanza; o forse, più semplicemente, un film al di là di qualsiasi demarcazione teorica, come ogni capolavoro.