Dopo un lungo sodalizio con Soderbergh, lo sceneggiatore Scott Z. Burns torna alla regia e firma un solido esempio di cinema d'inchiesta, fedele alla tradizione liberal e sorretto dall'ennesima ottima interpretazione di Adam Driver.
Mangold affronta la malattia mentale traducendola nell'idea di uno spazio chiuso, novella caverna platonica, ove la guarigione dello spirito rappresenta la scelta di un consapevole ingresso nel mondo.
Cronenberg adatta De Lillo con fedeltà assoluta, confrontandosi con la smaterializzazione del reale e la crisi del mondo occidentale e dei suoi elementi costituenti, a partire dal linguaggio.
Gli attori, il classicismo, il racconto americano: nel secondo film di James Mangold si affina la poetica del regista, con uno dei più bei noir degli anni '90.
Non un sequel di "Shining" ma un film figlio: Flanagan rischia tutto e vola altissimo, allontanandosi da Kubrick (e da King) ma ritornando all’Overlook per chiudere i conti. Esattamente come per i fantasmi delle vite di tutti.
Premiato a Cannes, il film dei fratelli Dardenne è un'opera ambiziosa negli obiettivi e nello sguardo, ma il risultato è controllato, reticente, incapace di ripensare i propri strumenti di messa in scena e di lettura del reale.
L'opus magnum di Makoto Shinkai riflette tutte le spinte magmatiche e le smodate suggestioni di un cinema che, soltanto quando perde la retta via, (ri)trova sè stesso.